Il 21 maggio ad Aragon, in Spagna, si riaccenderanno i motori delle Superbike. Dopo la lunga pausa invernale torna il campionato delle derivate dalla serie, che si preannuncia più combattuto che mai. Tra i piloti che tenteranno di spodestare dal trono iridato il sei volte campione Jonathan Rea c’è Scott Redding, per il secondo anno di fila in sella alla Ducati ufficiale del Team Aruba. L’occasione è ghiotta per parlare di un rider che, oltre ad andare molto veloce in moto, è anche un bel personaggio fuori dalle piste. Questa storia comincia 13 anni fa.
Stagione 2008, giugno. A Donington piove. Nulla di strano: qui il cielo è perennemente grigio e le precipitazioni sono all’ordine del giorno. Del resto siamo in Inghilterra. La gara della 125 si corre su un asfalto quasi impossibile. Quasi, appunto. O, meglio ancora, quasi impossibile per qualcuno, ma non per tutti. Dalle nuvole d’acqua spuntano due pilotini di 15 anni. Sembrano bambini che cavalcano le motine su una giostra del luna park. E invece si stanno giocando una gara del Campionato del mondo della classe 125, l’attuale Moto3.
Entrambi salgono sul podio: sul gradino centrale svetta un inglesino dalla faccia simpatica e paffutella, su quello più basso uno spagnolo con i denti da latte. “Segnate i loro nomi – dice qualcuno – perché faranno molta strada”. I due rookies si chiamano Scott Redding e Marc Marquez e hanno appena conquistato il loro primo podio nel Motomondiale. Hanno 30 anni in due. Scott diventa così il più giovane vincitore di un GP nella storia di questo sport (verrà battuto dieci anni più tardi dal turco Can Oncu).
Nella gara inaugurale del campionato, corsa in Qatar, Scott aveva firmato il giro più veloce. Un altro record. Le strade di Scott e Marc si incroceranno ancora, soprattutto in Moto2. Daranno vita a battaglie all’arma bianca, con l’inglese che spesso ne uscirà vincitore. Una roba da non crederci, considerato quanto sia poi diventato forte Marquez. Redding, con il tempo, si cuce addosso la nomea di ribelle, guadagnandosi la fama di uno dei piloti più eccentrici del paddock. A livello di risultati, invece, tradisce in parte le attese. Non riesce a vincere il Mondiale. Conquista “solo” quattro gare, tutte in Moto2, categoria con la quale sfiora il titolo in sella alla Kalex.
Nel 2010 resta coinvolto suo malgrado nell’incidente che a Misano vede morire Shoya Tomizawa, giovane pilota giapponese. Scott impiega mesi a riprendersi dallo shock. Intanto continua a crescere, nella mente ma soprattutto nel fisico. Tocca il metro e 80 di altezza, statura che non si sposa con moto piccole e leggere come le 125 o le Moto2. E così, nel 2014, esordisce in MotoGP, con una Honda del Team Mark VDS. Redding ingrana piano piano. A Misano conquista il suo primo podio e per il 2015 si guadagna un ingaggio con la Ducati Pramac, con cui ottiene un altro podio. Terminata l’avventura in Ducati, passa all’Aprilia, dove corre solo un anno senza ottenere risultati di rilievo, soprattutto a causa della scarsa competitività della moto di Noale.
Nel 2019 lascia il Mondiale e approda nella British Superbike, il campionato inglese riservato alle derivate dalla serie. In patria viene accolto come un eroe. Del resto Redding, oltre a essere un motociclista amatissimo, è anche un gran personaggio fuori dalle piste. Grazie ai social (su Instagram il suo nick name è Reddingpower) si è costruito una fama da star: ogni giorno posta foto e video dei suoi allenamenti ma anche della sua vita privata, fatta di amicizie, avventure, viaggi e piccoli eccessi. Per circa un anno fa coppia con la pluricampionessa italiana mondiale di motocross Kiara Fontanesi. Insieme partecipano perfino a un videoclip musicale. La loro storia finisce poco prima di Natale di tre anni fa. Redding vince il British e torna uomo mercato.
La Ducati Superbike, infatti, lo ingaggia per il Mondiale 2020, dove prende il posto di Alvaro Bautista, passato alla Honda. Redding si candida a diventare l’anti Jonathan Rea, il connazionale che ha vinto cinque titoli iridati consecutivi. “Scottino”, come qualcuno lo ha simpaticamente soprannominato nel paddock, non riesce a interrompere la striscia del cannibale della Kawasaki, ma arriva a giocarsi il titolo fino all’ultimo week-end di gare. Ci riproverà tra pochi giorni, con il coltello tra i denti.