“Al Mugello non si dorme”. Quante volte lo abbiamo sentito dire? Ma è davvero così? In Italia il motociclismo è una cosa seria. È emozione, rumore, tifo sfrenato, notti insonni. Quando il carrozzone fa capolino sulla magica pista fiorentina, le colline circostanti si colorano di passione. E se è vero che ottenere un pass per il paddock è un privilegio per pochi ma un’ambizione di tutti, non si può negare che al vero appassionato poco importa fare avanti e indietro nel retro box, magari per farsi un selfie con i piloti o fotografare la stangona di turno. Il vero tifoso, quello cresciuto a latte e benzina nel biberon, preferisce montare la sua sgangherata tenda e accamparsi per due notti sui prati in pendenza che avvolgono il circuito. Perché il Mugello è simile a un catino: ovunque tu ti metta, hai una visuale così ampia da coprire con lo sguardo almeno mezzo autodromo. Nemmeno dalle tribune si ha una panoramica simile. E un biglietto di tribuna costa molto di più di un posto sul prato…
“Al Mugello non si dorme”. Ed è proprio così. Non è solo un modo di dire. Di giorno ci sono le prove o le gare, con il rombo dei motori in sottofondo. Di sera ci sono i concerti, i venditori di panini con la salamella e la porchetta, gli spillatori di birra. E ci sono le bancarelle, più o meno ufficiali, dei vari team. C’è chi sgasa con il motorino, chi canta, chi balla, chi intona cori per quel pilota o per quell’altro. Di notte come di giorno: si sta sempre svegli. Perché il Mugello è una festa a cielo aperto, che dura tre giorni e due notti. Va dal venerdì mattina alla domenica sera. I più coraggiosi si accampano dal giovedì, così da accaparrarsi i posti migliori. Ma sui saliscendi c’è spazio per tutti, anche per chi si accontenta della sola giornata di domenica. Quest’anno è stato ancora più speciale, perché dopo due anni di digiuno c’era una voglia pazza di tornare a tifare e divertirsi.
Nel 2020 il Gran Premio d’Italia saltò a causa della pandemia. L’anno scorso si disputò, ma a porte chiuse. Nessuno sulle tribune, nessuno sui prati. Il 2022 è l’anno della rinascita, anche se Valentino non c’è più. Il Dottore, che su questa pista è stato protagonista di sfide epiche, è rimasto nel cuore di tutti. Il numero 46 sventola ovunque, anche adesso che non inforca più i cavalli a due ruote. Il giallo è ancora il colore predominante. A dirla tutta, in questa edizione si è registrato un netto calo delle presenze. Effetto Rossi, lo chiamano. Ma è solo questione di tempo prima che la gente torni a innamorarsi di qualcuno che le abbia fatto battere il cuore come Valentino. Che questo sabato, peraltro, è arrivato nel “suo” Mugello per la cerimonia di ritiro del 46, il suo iconico numero. Anche se Vale non corre più, è ancora domenica.