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Paolo Simoncelli: “Il motociclismo esige la sua tassa, ma quando è ora di pagare non siamo mai pronti”

C’è ancora tanta tristezza nell’aria dopo i tragici eventi del GP d’Italia. La morte del giovane Jason Dupasquier ha addolorato tutti. A mente fredda e motori spenti, diversi piloti e addetti ai lavori hanno manifestato dolore e vicinanza alla famiglia dello svizzero e, al tempo stesso, espresso la loro opinione riguardo ai drammatici eventi. Tra questi c’è Paolo Simoncelli, un uomo che con il dolore ci convive da dieci anni. Il papà del Sic, l’indimenticato pilota scomparso nel 2011 durante il Gran Premio della Malesia, ha affidato il suo pensiero al blog della squadra da lui stesso creata dopo la scomparsa del figlio: il Sic58 Squadra Corse. Un punto di vista, il suo, che non può passare inosservato, perché ricco di spunti davvero interessanti. Eccolo.

“Questo Mugello è stato di una tristezza disarmante dal primo passo che ho fatto all’interno mercoledì mattina all’ultimo che ho fatto per uscirci ieri pomeriggio. Dapprima per i suoi spalti vuoti a sostituire fumogeni, rombo di motori e di motoseghe degli anni precedenti, quando lo slogan era ‘Al Mugello non si dorme’, e per finire per la straziante notizia di Jason Dupasquier”.

E’ stato un inizio week-end burrascoso per Lorenzo Fellon: abbiamo avuto dei diverbi in cui ho cercato di spiegargli con calma come funziona la vita in un team. Da ultimo è passato a metà classifica, quindi penso abbia capito, posso ritenermi soddisfatto. Pole position del sabato per un ritrovato Tatsuki Suzuki dopo varie vicissitudini, che saranno catalogate sotto la voce ‘varie ed eventuali’. Ha fatto una bella gara da protagonista, ma in un range di pochissimi decimi di secondo ci sono tanti piloti e il rettilineo del Mugello è davvero, davvero infinito. La pole resta sempre un’emozione, ma abbiamo fatto veramente pace solo quando mi ha regalato l’orologio”.

E’ brutto da dire, è brutto da sentire, ma il motociclismo ogni tanto esige la sua tassa. E’ uno sport rischioso, costoso, lo sa il pilota, lo sappiamo noi, eppure quando è ora di pagare non siamo mai pronti. Il mio pensiero va alla famiglia di Jason: conosco il dolore che stanno passando e non c’è consolazione. So che hanno un altro figlio che corre, ora la scelta che dovranno affrontare sarà altrettanto difficile”.

“In tutte le interviste che ho rilasciato in questi anni mi sono sempre ritenuto fortunato, per come ho perso Marco, senza che soffrisse, andandosene mentre faceva ciò che più amava, non rimanendo in vita in modo sofferto o limitato dopo tutte le esperienze che aveva provato. Perché un conto è nascerci, un altro è perdere per sempre l’uso di gambe e braccia dopo un incidente: credo sia ancora più difficile farsene una ragione. Però sabato ho visto Elvio per la prima volta dopo l’incidente dell’anno scorso, con suo padre Aligi Deganello che se lo coccolava tutto, sorridenti. Elvio era l’Elvio di sempre, nonostante tutto. Loro hanno ancora la possibilità di abbracciarsi, ridere, raccontarsi. Sono felicissimo per loro e vederli ancora insieme più uniti di prima, mi ha fatto pensare che… ecco, no, forse non sono stato poi così fortunato”.

Il riferimento di Paolo è ad Elvio Deganello, il meccanico rimasto coinvolto tempo fa in un drammatico incidente in pista che oggi lo costringe sulla sedia a rotelle. Dopo la lunga riabilitazione, Elvio si è rivisto ai box del Mugello, per la gioia di tutti, in particolare del padre Aligi, decano del Motomondiale ed ex capo meccanico di Marco Simoncelli.

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