Casco integrale, casco aperto, scodella da cinquantino, tu che tipo di casco sei? Una domanda che sembra inutile ma non lo è, perché tante sono le vite che ha salvato il casco quando è stato reso obbligatorio nell’estate del 1986 per i minorenni sui cinquantini e per tutti gli altri sulle cilindrate più grosse. Poi, successivamente e giustamente, il casco è stato reso obbligatorio anche per i maggiorenni alla guida dei motorini. Del resto, la testa di un diciannovenne non è più dura di quella di un diciottenne! Perché a cadere in moto ci si fa male anche da fermi, figuriamoci a dare una bella capocciata all’asfalto senza un dispositivo di protezione individuale come il casco.
Io personalmente nel 1986 avevo 15 anni e guidavo una Vespa Pk 50 e ho scelto il casco integrale, anche se faceva un po’ astronauta. Uno splendido e fiammante Nava rosso e blu con la visiera da Enduro che mi avrebbe protetto a velocità ben superiori ai 70 chilometri l’ora che poteva raggiungere la via Vespa rossa truccata con pistone e cilindro da 75 centimetri cubici e marmitta della Proma. Con la patente A acquisita nell’estate del 1988, sono stato uno dei primi ad affrontare la patente Europea con la prova pratica. Il casco non è cambiato, perché pur avendo la testa dura, il buon Nava mi avrebbe protetto anche ai 125 km/h che poteva raggiungere la mia Honda Mtx da EndurO con i classicissimi colori giallo e nero.
Altro casco mito di quel periodo era l’AGV, che ho usato, prestato da un caro amico, quando facevo l’assicurazione della moto in estate. Non ho mai indossato il quello aperto, e, quindi, per fortuna non mi sono mai cibato dei moscerini che per le leggi di Murphy vanno sempre in direzione opposta al motociclista. Anche la scodella non l’ho mai avuta sulla testa, ma qui interviene una questione di sicurezza: molto spesso con l’urto con la sede stradale le scodelle si aprono in due e non deve essere una bella sensazione. Anche per quanto concerne il casco vi chiediamo di scrivere nei commenti se siete dei “caschisti integrali”, dei “caschisti aperti” o dei coraggiosissimi “scodellisti”.