E’ stato presentato a margine di EICMA uno studio sulla contraffazione on-line: l’indagine, realizzata da FUB (Fondazione Ugo Bordoni) e DCP (Digital Content Protection), su un campione di 11 aziende del settore delle due ruote (motocicli, biciclette e componentistica), ha monitorato la presenza di contenuti illeciti per contraffazione.
Obiettivo dell’indagine – la prima mai realizzata in Italia con questa metodologia e senza precedenti nel settore delle due ruote – era la mappatura del fenomeno della contraffazione on-line a livello globale, attraverso un’analisi delle aree geografiche di provenienza dei contenuti illeciti, della tipologia di violazione, delle dinamiche messe in atto dai contraffattori e della persistenza temporale del fenomeno.
Particolarmente grave l’incidenza di contenuti illeciti rilevati all’interno del web: il 4,3% delle 140mila pagine analizzate attraverso i motori di ricerca ha mostrato evidenti violazioni della proprietà intellettuale. Sconcertante la situazione all’interno delle piattaforme dell’e-commerce, dove addirittura un’inserzione su quattro (25,3%) è risultata illecita, ma con punte che arrivano al 32% sull’indonesiana Tokopedia e, addirittura, al 56% sulla taiwanese Shopee. Numeri che destano preoccupazione, soprattutto sul livello di tutela nel commercio on-line. Le più recenti stime sui sequestri di merci contraffatte importate nell’UE mostrano che oltre il 50% dei fermi sono legati a transazioni on-line e che il trend del commercio in Rete è destinato a crescere. Entro il 2025 si prevede che il valore delle vendite on-line salirà a 7,2 trilioni di dollari, il che rappresenterebbe circa il 24,5% delle vendite totali al dettaglio, rispetto al 17,8% del 2020.
L’analisi per area geografica evidenzia che il maggior volume di aste illecite previene dall’Indonesia (più di 30.000 inserzioni rilevate), seguita dall’Italia (20.000), da Taiwan (15.000) e dalla Cina (10 mila), mentre, tra i mercati “emergenti” si afferma il Brasile, con oltre 5.000 inserzioni.
Ma, se si guarda al valore economico della merce contraffatta, la Cina recupera la prima posizione, con 750 milioni di euro di prodotti in violazione della proprietà intellettuale. Seguono Taiwan (700 milioni) e Brasile (500 milioni), mentre l’Indonesia, che primeggiava per quantità di merce contraffatta, si colloca “solo” al quarto posto con un valore di 300 milioni di euro. Questo dato evidenzia una maggiore capacità industriale da parte di alcuni Paesi, che si rivelano capaci di soddisfare eventuali richieste massive da parte di specifici mercati. Nel complesso, si può stimare che il valore economico dei prodotti illeciti veicolati dai marketplace elettronici nei due mesi di monitoraggio ammonta a 2,2 miliardi di euro.
Lo studio ha anche mostrato l’evanescenza dei siti che veicolano merce in violazione dei titoli di proprietà intellettuale: il 90% dei domini analizzati ha meno di sei mesi di vita e, a distanza di soli due mesi dal monitoraggio, il 60% dei siti web è stato rimosso o ne è stato temporaneamente disabilitato l’accesso. Di conseguenza, la grande volatilità di queste vetrine rende particolarmente ostico il lavoro delle forze dell’ordine.
Nel corso degli ultimi anni è cresciuta la capacità da parte dei contraffattori di ingannare il consumatore: molto diffusa, ad esempio, è la pratica di hackerare siti regolari inserendo annunci civetta che rimandano in modo automatico a siti compromessi. Spesso, inoltre, gli annunci pubblicati su siti illeciti sono tra loro molto simili o addirittura identici, elemento che porta alla luce un approccio “industriale” alla creazione di siti web compromessi.
Un dato incoraggiante emerge dall’analisi dell’efficacia degli strumenti di brand protection, che consentono di monitorare, rilevare e rimuovere i contenuti illeciti presenti sulla Rete: le aziende che li utilizzano riducono sensibilmente, fino ad azzerare, la presenza di prodotti contraffatti su portali e siti Internet. Per questa ragione ANCMA e INDICAM chiedono al Governo e al Parlamento, in occasione delle Legge di Bilancio, di approvare una norma che riconosca un credito d’imposta a favore di aziende che vogliano acquisire servizi professionali di monitoraggio e protezione dei propri brand sul web.
“L’industria delle due ruote – dichiara Paolo Magri, presidente di Confindustria ANCMA – investe ogni anno milioni di euro per offrire al mercato prodotti di qualità, conformi alle norme europee e internazionali sulla sicurezza dell’utilizzatore finale, tema – quest’ultimo – che riveste un’importanza primaria per il nostro settore. Non è ammissibile che il web sia sommerso da offerte di qualità scadente, proposte da operatori scorretti che si appropriano indebitamente dei marchi delle nostre aziende. Siamo convinti che lo studio che presentiamo oggi insieme a INDICAM servirà a sollevare l’attenzione nei confronti di un problema, che investe il sistema del made in Italy nel mondo ed è destinato ad amplificarsi nei prossimi anni. La prossima legge di bilancio potrebbe offrire l’opportunità di introdurre un’agevolazione fiscale per l’acquisto di servizi specialistici di brand protection a favore delle imprese: chiediamo al Governo di ascoltare il nostro appello per accrescere le capacità difensive delle aziende”.