Vukovich, undicesima puntata
Siamo nel 1953 e negli Stati Uniti si corre la seconda tappa del campionato, la 25esima da quando è stato introdotto il Campionato del Mondo (nel 1950). All’Indianapolis Motor Speedway, celebre catino che negli a venire sarà teatro di leggendari duelli, accade un altro episodio che verrà cerchiato in rosso sugli annuari che parlano di Formula 1 e contribuirà ad accrescere il mito di questo sport. Stremati dal caldo soffocante, acuito dalle emissioni di nitrometano combusto, che alimenta le monoposto, diversi piloti collassano durante la gara, che coincide con la 500 Miglia di Indianapolis. Debilitati e disidratati, intorno al duecentesimo chilometro del Gran Premio tanti piloti sono obbligati a fare rientro ai box e a cedere le loro macchine ai riders di riserva. Come in Argentina, anche a Indianapolis ci scappa il morto. I danni che il calore provoca all’organismo di Carl Scarborough sono così gravi da causarne il decesso per ipertermia.
Un incidente mortale si registra anche nelle prove, costate la vita a Chet Miller. Sono 77 gli iscritti alla manifestazione, 74 dei quali statunitensi, due canadesi e un argentino: solo 33 di loro si qualificano per la gara che, come gli anni precedenti, viene disertata dai piloti delle Case automobilistiche europee, che preferiscono concentrarsi sui Gran Premi in calendario nel vecchio continente. Il successo va così a Bill Vukovich (autore dell’hat-trick, cioè della pole position, della vittoria della gara e del giro più veloce) davanti a Art Cross e alla coppia Duane Carter-Sam Hanks, tutti su Kurtis Kraft motorizzate Offenhauser. La Kurtis era una Casa automobilistica a stelle e strisce fondata negli anni Trenta da Frank Kurtis. Quella dei Vukovich è una famiglia votata alle competizioni in auto, e in particolare alle 550 Miglia di indianapolis, visto che oltre a Bill, anche il figlio e il nipote si cimenteranno nella mitica corsa americana. Vukovich morirà nel 1955 proprio sull’anello di Indi.