Ventottesima puntata.
L’eterna rivalità tra Niki Lauda e James Hunt diventa fragorosa e raggiunge il suo apice nel 1976, una stagione che, 40 anni dopo, diventerà la trama di un film di successo. Da una parte il metodico austriaco già campione del mondo con la Ferrari nel 1975, dall’altra il temerario inglese che vuole spodestare l’acerrimo nemico dal trono iridato e raccoglierne l’eredità. Sono loro gli attori protagonisti di un kolossal senza tempo. Testa contro cuore. Metodo contro improvvisazione. Abilità contro talento. Una lotta all’ultimo sangue, sia dentro che fuori le piste. Una guerra anche politica, che non risparmia i rispettivi team. Fra ricorsi e squalifiche, ogni gara della stagione ’76 sembra non finire mai.
Un’annata anche drammatica, con il terribile incidente che segnerà per sempre la vita di Lauda e che, visto con il senno di poi, nella lotta iridata farà pendere l’ago della bilancia a favore di Hunt. Il culmine della rivalità ha una data ben precisa: 24 ottobre 1976. E’ il giorno della resa dei conti. In Giappone, alle pendici del Monte Fuji, si corre la 16esima e ultima gara del campionato. Niki e James sono separati in classifica da appena tre punti. L’austriaco è reduce dal tremendo incidente del Nurburgring, dove è stato estratto vivo per miracolo dalla sua Ferrari trasformata in una palla di fuoco. E’ ancora leader del Mondiale, ma ha dilapidato un vantaggio abissale. Hunt ne ha approfittato per colmare un diviario che a un certo punto della stagione pareva irrecuperabile. Lauda porta addosso i terribili segni dell’incidente avvenuto poche settimane prima in Germania. Ma soprattutto li porta nella testa. I demoni si presenteranno puntuali durante la gara.
Al Fuji piove a dirotto. Le condizioni atmosferiche sono quasi proibitive, la pista è al limite della praticabilità, ma si decide di correre lo stesso. Mario Andretti ha conquistato la pole con la Lotus ma allo spegnimento dei semafori viene bruciato da Hunt, che prende il comando. Già al secondo passaggio c’è il colpo di scena: Lauda non se la sente di proseguire la corsa sull’asfalto allagato e rientra ai box con la Ferrari immacolata. Scende dalla vettura e si ritira consegnando ad Hunt le sorti del Mondiale. Il funambolo inglese è padrone del suo destino. Nel frattempo la pioggià è diminuita d’intensità e la pista via via va asciugandosi. Le gomme da bagnato di Hunt cominciano a consumarsi. Il pilota della Mclaren rallenta vistosamente e viene superato da Depailler e Andretti. Urge una sosta ai box, ma il team non lo richiama, lasciando al driver la responsabilità della decisione.
Quando finalmente guadagna la corsia dei box con l’anteriore sinistra a pezzi, James perde mezzo minuti per sostituire le gomme, rientrando in pista al quinto posto, insufficiente per vincere il titolo. L’inglese non si arrende, si lancia in maniera furibonda all’inseguimento dei primi e a poche curve dalla fine riesce a passare Alan Jones e Clay Regazzoni, compagno di Lauda. Il terzo posto dietro ad Andretti e Depailler gli vale il Mondiale, ma nel caos dei giri finali Hunt pensa di aver chiuso quarto ed è pronto a scagliarsi contro gli uomini del suo team, colpevoli di non averlo fatto rientrare prima per il pit stop. Chiarito l’equivoco, scoppia la festa. James corona il sogno del Mondiale, mentre in casa Ferrari si aprono i processi.