Sesta puntata
La gara d’apertura del Mondiale 1953, che si disputa a Buenos Aires in Argentina, è teatro di un’immane tragedia. Al 32° giro un incauto spettatore attraversa la pista mentre sopraggiunge l’ex campione del mondo Nino Farina, che per evitarlo perde il controllo della sua Ferrari e finisce fra il pubblico assiepato a bordo pista. Il pilota resta illeso, ma nell’incidente perdono la vita 15 spettatori e altre decine rimangono ferite. Lo spettacolo va avanti, con le auto del Cavallino a farla da dominatrici. Fangio, passato durante l’inverno alla Maserati, debutta nel Mondiale con uno zero in classifica, per la delusione dei tifosi argentini, accorsi numerosi per tifare il loro connazionale. L’auto del Tridente fa le bizze, e il campione non conclude nemmeno la gara per un problema meccanico.
A transitare per primo sotto la bandiera a scacchi, dopo 97 giri e 379 chilometri, è il pole-man Alberto Ascari, che precede il compagno-amico Villoresi e l’altra Maserati di Gonzalez. Ben sei gli argentini che prendono il via alla gara: oltre a Fangio e Gonzalez ci sono anche gli albicelesti Galvez, Menditeguy, Birger e Cruz. Il mitico Ciccio Ascari, milanese di nascita ma modenese d’adozione, fu il primo ferrarista iridato della storia ed è un figlio d’arte. Il padre Antonio fu uno dei più grandi piloti dei primi anni del Novecento, periodo in cui vinse gare a ripetizione. Aveva l’abitudine di portare con sé il figlioletto, che si appassionò così alle corse automobilistiche.
Quando Antonio morì in un incidente di gara (a Montlhery nel 1925 mentre guidava il GP di Francia), Alberto aveva solo sette anni. Da quel momento si mise in testa che da grande avrebbe fatto il pilota. Enzo Ferrari, amico fraterno di Antonio, fu tra i primi ad accorgersi del talento di Alberto: il matrimonio tra Ciccio e il costruttore emiliano venne celebrato nel 1949, proprio alla vigilia della nascita del Campionato del Mondo.