Dall’inviato al Mugello
Da pilota invisibile a leggenda della MotoGP. E’ la parabola di Andrea Dovizioso, il pilota che, per sua stessa ammissione, ha vissuto tre quarti di carriera nell’ombra. L’autobiografia “Asfalto”, che vi invitiamo a leggere, è un capolavoro di umiltà. Il Dovi l’ha intitolata così prendendo spunto dal soprannome che gli affibbiò Luca Cadalora, ex pilota del Motomondiale. All’epoca Andrea era un ottimo pilota. Aveva già vinto un titolo mondiale in 125 e conquistato tante vittorie in 250. Ma una volta approdato in MotoGP non era riuscito a elevarsi da campione a fuoriclasse. La carriera è vissuta nell’ombra di campioni “mediatici” come Valentino Rossi, Casey Stoner e Jorge Lorenzo. Non che la cosa gli desse fastidio, anzi. Lui era ed è un anti-divo. Ama l’anonimato. Preferisce il backstage al palco. Ma negli ultimi anni di carriera le cose sono decisamente cambiate. Il Dovi ha lottato per tre anni consecutivi per conquistate il titolo della MotoGP, che in un’occasione ha perso solo all’ultima gara. Con Marc Marquez ha dato vita a duelli all’arma bianca che, spesso, è riuscito a vincere. Epiche, soprattutto, le battaglie in Austria e in Giappone, dove il pilota di Forlimpopoli ha piegato l’asso spagnolo nel tripudio generale. E sull’onda di questi risultati, non poteva che arrivare un riconoscimento alla carriera.
A margine del Gran Premio d’Italia, il “suo” Gran Premio, il Dovi è infatti entrato tra le leggende del motociclismo. Il romagnolo è stato inserito nella Hall of Fame dal capo della Dorna Carmelo Ezpeleta, che giovedì gli ha consegnato la medaglia della MotoGP Legend. L’Autodromo Internazionale del Mugello è stato lo sfondo perfetto. E la cerimonia, avvenuta nella sala stampa, “pancia” del circuito, ha visto la partecipazione di tanti suoi ex colleghi.
La carriera
Dopo il successo iridato del 2004 in classe 125 e le tre stagioni da protagonista in 250, Dovizioso ha fatto il suo debutto in classe regina nel 2008, conquistando il primo podio nella stagione da rookie in sella alla Honda. L’anno successivo ha ottenuto la prima vittoria in premier class, sempre con la Casa giapponese, con cui ha corso fino alla fine del 2011. Il 2012 lo ha visto debuttare sulla Yamaha Tech3, dove ha nuovamente conquistato numerosi podi, prima di passare al team ufficiale Ducati.
Nel 2014 ha ottenuto due podi, nel 2015 cinque e nel 2016 altri cinque, inclusa una “storica” vittoria nel Gran Premio della Malesia, interrompendo un digiuno che durava da sette anni. La carriera del Dovi ha preso il volo nel 2017, quando è stato secondo nel Mondiale. Risultato ripetuto le due seguenti stagioni. La sua ultima vittoria risale al Gran Premio d’Austria del 2020. Dopo una breve pausa dalle corse, il romagnolo è tornato in pista nell’ultima parte del 2021 come pilota del team indipendente RFN Yamaha, con il quale ha corso anche due terzi del Mondiale 2022, prima di ritirarsi dopo la gara di Misano.
Ora si si è unito a una lista di leggende della MotoGP che include Valentino Rossi, Giacomo Agostini, Hugh Anderson, Kork Ballington, Max Biaggi, Alex Crivillé, Mick Doohan, Stefan Dörflinger, Geoff Duke, Wayne Gardner, Mike Hailwood, Nicky Hayden, Jorge Lorenzo , Daijiro Kato, Eddie Lawson, Marco Lucchinelli, Randy Mamola, Anton Mang, Jorge “Aspar”‘ Martinez, Angel Nieto, Dani Pedrosa, Wayne Rainey, Phil Read, Jim Redman, Kenny Roberts, Kenny Roberts Jr, Jarno Saarinen, Kevin Schwantz, Barry Sheene, Marco Simoncelli, Freddie Spencer, Casey Stoner, John Surtees, Luigi Taveri, Carlo Ubbiali e Franco Uncini.
Tutte le foto di questo servizio sono di Giovanni Zola.