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Dica ventisette

Ventisette, una parola di dieci lettere ma anche un numero che nel motorsport evoca ricordi indelebili, soprattutto per noi italiani. Leggi 27 e la memoria ci porta a uno dei più grandi e spericolati piloti di Formula 1: Gilles Villeneuve. Il canadese, conosciuto con il soprannome di Aviatore, guidò la Ferrari con il numero 27 all’inizio degli anni Ottanta. A quell’epoca la numerazione non seguiva quella attuale. Oggi sono i piloti stessi a scegliersi il numero, come fanno i calciatori da una ventina d’anni, e che a loro volta hanno copiato dagli sport di squadra americani. Tra il 1996 e il 2013, in Formula 1 l’ordine numerico seguiva la classifica iridata dell’anno precedente: l’1 andava al campione in carica, il 2 al suo compagno di squadra, il 3 e il 4 ai piloti del team secondo classificato nel Mondiale Costruttori, e così via, fino al 30 e oltre (perché negli “anni ruggenti” della Formula 1 gli iscritti al campionato erano ben più dei 20 attuali). Dal 2014 la regola è stata cambiata: il pilota sceglie con quale numero correre. Solo l’1 va al campione del mondo, che a proprio discrezione può decidere se impiegarlo o se restare fedele al proprio numero preferito. E la stessa cosa succede nel motociclismo, ma da molto prima. Valentino Rossi ha reso iconico il 46, trasformandolo in un vero e proprio marchio. Casey Stoner ha fatto la stessa cosa proprio con il 27. Ma questa è un’altra storia. Torniamo alle quattro ruote.

Andando indietro nel tempo, tra il 1975 e il 1996, le scuderie mantenevano sempre gli stessi numeri, che cambiavano solo in caso di vittoria del Mondiale. Ad esempio, se il pilota con il numero 7 vinceva il campionato, nella stagione successiva gli spettava di diritto il numero 1 (e al suo compagno di team il 2). A loro volta, chi aveva corso con l’1 e il 2 l’anno precedente ereditava i numeri lasciati dal nuovo campione e dal compagno (nel nostro esempio, il 7 e l’8).

Tra il 1981 e il 1995, ultimo anno prima del cambio regolamentare sull’assegnazione dei numeri di gara, la Ferrari ha avuto in dote i numeri 27 e 28, fatta eccezione per il 1990, in cui l’arrivo del campione del mondo Alain Prost portò allo scambio dei numeri con la McLaren. Ma come ci è arrivato a Maranello il 27? Nel 1980 il campione in carica Jody Scheckter sfoggiò il numero 1 (e Gilles Villeneuve il 2). Ma al termine della stagione, a vincere il Mondiale fu Alan Jones, con la Williams numero 27 (anche Ayrton Senna nel 1990 riuscirà nell’impresa di conquistare il titolo iridato con questo numero). Nel 1981, quindi, Ferrari e Williams si scambiarono i numeri. Ed ecco che per Maranello cominciò l’epopea del 27, terminata, come detto, nel 1995. L’ultimo a fregiarsi dell’onore fu Jean Alesi, che quell’anno vinse anche l’unico GP della sua carriera. Seppure dal 1996 la regola sull’assegnazione dei numeri cambiò, la Ferrari avrebbe comunque rinunciato al 27, poiché Michael Schumacher, vincitore del Mondiale del 1995 con la Benetton, si trasferì in rosso portando in dote il numero 1. Riassumendo, nei tre lustri sopra citati, la Ferrari numero 27 è stata guidata da Gilles Villeneuve (con la quale morì nel 1982 a Zolder), Patrick Tambay (per 23 Gran Premi), Michele Alboreto (per 80 GP), Nigel Mansell, Alain Prost e Jean Alesi (per 64 GP). Ma già in precedenza, nel lontano 1963, cioè 60 anni fa, un’altra leggenda Ferrari, Jacky Ickx, scelse il 27 come numero di gara. In anni molto più recenti, infine, il 27 è tornato in voga in F.1 grazie a Nico Hulkenberg. In conclusione, sono stati appena 25 i GP vinti da una monoposto di F.1 con il 27 sul musetto: 10 dalla Ferrari (tre Alboreto, due Villeneuve, Tambay e Mansell e uno Alesi), 9 da Jones con la Williams e 6 da Senna con la McLaren.

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